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lunedì 3 settembre 2012

La Pesca Il mare della Calabria rappresenta uno scrigno naturale che custodisce una moltitudine di tesori. Il merito va alle sue acque, habitat ideale per una ricca varietà di specie. Non a caso delle 600 specie di fauna ittica conosciute nel Mediterraneo, 500 vivono nei nostri fondali. Grazie alla sua posizione strategica, Bagnara Calabra ha nella pesca, e in particolare in quella del pescespada, una delle sue più antiche e storiche attività produttive. I pescatori di Bagnara sono considerati, da sempre particolarmente abili in questa attività. La pesca del pescespada ha rappresentato, da sempre, il centro intorno cui girava tutta l’economia bagnarese. La pesca era in passato esercitata da un gran numero di persone. Basti pensare che quasi 1/3 della popolazione bagnarese viveva grazie alla pesca e alla vendita del pescato nei paesi limitrofi. Tramandata da padre in figlio era, non solo l’arte del cacciare ma soprattutto, la dedizione e la passione per questo lavoro. Nel corso dei secoli moltissime sono state le trasformazioni dei mezzi di lavoro. Si è passato dagli untri alle passerelle per arrivare alle moderne palamatare, anche chiamate spadare. Evolvendosi negli anni le passerelle hanno innalzato verso il cielo l’“antenna”, punto d’avvistamento del pesce, e allungato verso il mare “il trampolino”, punto ove il pescatore con fiocine e arpione in mano colpisce la preda. Le passerelle hanno lasciato il posto alle più innovative “spadare”, vere e proprie imbarcazioni nate per la pesca del pescespada. Negli ultimi anni altri tipi di pesca si stanno sviluppando, con crescente successo. Di fatti, nel corso di tutto l’anno, è possibile trovare del pesce fresco come merluzzi, gamberi, “surici”, “pettini”, “tracine”, “spatole”, “mutolo”, considerato quest’ultimo il tonno dei poveri, e poi la neonata o “nannata”, le sarde, le alici, i “caponi” e una gran varietà di pesce azzurro. Negli ultimi anni, l’assessorato per le attività produttive, si è impegnato a favore della riscoperta dei pesci considerati “minori”. Nell’estate 2004 si è dato avvio alla I edizione della “Sagra del pesce dimenticato”, riscotendo grande interesse e partecipazione. La Pesca del Pescespada La pesca del pescespada, praticata sin dal tempo dei Fenici, è una delle più proficue attività intorno a cui ruota l’economia di Bagnara. Grazie all’innovazione e alla tecnologia, è oggi praticata con metodi moderni che mantengono inalterata la tradizione. Questa pesca, caratteristica dello Stretto di Messina, oggetto di curiosità e interesse nazionale, rischia oggi di scomparire se non sufficientemente supportata da istituzioni e enti nazionali e locali. Ogni inizio di stagione i legali, rappresentanti delle barche atte alla pesca, si riunivano presso i locali della capitaneria di porto ed effettuavano il sorteggio delle poste, “vende”. Esse erano 18 nel senso nord-sud: Posticea, Surrantino, Perialapa, Santuleo, Grutta, Mustalà, Cefarea, Santi, Gramà, Bilusci, Capo, Marturano, Serena, Jumara, Canali, Aria, Schittari, Rustico. Ciò avveniva il 10 di aprile. Nei tempi antichissimi il sorteggio si effettuava nell’Abbazia S. Maria dei XII Apostoli. Ecco come Ruggero Jannuzzi parla della pesca del pescespada scrivendo nella rivista “La Regione Calabria” del 1992. La pesca del pescespada, praticata lungo lo Stretto di Messina, ha inizio tra aprile e giugno. In questo periodo il pescespada, in cerca di un compagno per l’accoppiamento, abbandona le profondità del mare aperto per avvicinarsi alle acque tiepide e più tranquille dello Stretto. Se questa pesca riporta alla mente degli appassionati la rincorsa della passerella dietro il pescespada, necessario è ricordare che i metodi di pesca sono tre: con lenza, con la rete con l’arpione. La Pesca con l'arpione La Pesca con l'arpione Ricca di fascino e tradizione è, infine, la pesca effettuata con l’arpione. L’attrezzo ci riporta all’antico “untri” mitica imbarcazione. E’ questa una leggera e sfilata imbarcazione sia di prua che di poppa. A differenza delle altre imbarcazioni presenta una poppa più ampia nella parte superiore per ospitare il lanciatore nel momento top della pesca. Dipinta di nero all’esterno, per evitare il riflettere dell’ombra nel mare, era tutta verde all’interno. L’equipaggio era composto da quattro vogatori, un faleroto e un lanciatore. Tra i vogatori, i due più giovani, disposti nella parte anteriore, fungevano da motore mentre gli altri due da timone, cambiando la direzione della barca. Dall’albero a croce, che s’innalza dal centro per circa tre metri, una vedetta andava, con l’occhio attento, alla ricerca del pescespada, mentre dalle alte rocce che sovrastano il mare, guide e segnalatori restavano appostati nei punti strategici. L’avvistamento del pesce trasformava improvvisamente questa pesca fatta di pazienza e di attesa in un dinamismo generale. La vedetta, cercando di non perdere di vista il pesce, incitava i rematori ad accelerare il movimento delle braccia al grido di “pe’ fora” o “pe’ ‘nterra”, a secondo della via scelta dal pescespada. La Palamatara e la Runzata Due curiosità. Particolare curiosità e importanza per le origini della cittadina ha un antico simbolo che, secondo la memoria di alcuni, apparteneva alle antiche spadare, appunto le palamatare. Queste imbarcazioni avevano sulla prua un’asta di legno alta circa un metro e mezzo con base rettangolare 10x3. In cima all’asta vi era sistemata una palla in legno di colore azzurro sulla quale dipinta era la costellazione dell’Orsa Maggiore. I riferimenti a questo simbolo sarebbero da ricercarsi, secondo Antonino Raneri, dentro la cultura fenicia. L’Orsa Maggiore, importante guida nella navigazione dei Fenici, sarebbe diventato il simbolo della palamatara nella tradizionale pesca notturna, per la quale il cielo e le stelle continuavano ad essere importanti maestre di guida. Legato alla palamatara è anche il rituale della “runzata”, rievocato da Luigi Oriana, ex presidente della Pro Loco di Bagnara. Alcuni bambini venivano ospitati a poppa vicino alle reti mentre gli uomini facevano scivolare in mare la barca. Appena l’imbarcazione raggiungeva il mare, i bambini innaffiavano le reti con la loro pipì. Scopo della “runzata” era augurare una buona pesca a chi si recava in mare durante la notte. Una nuova imbarcazione: la Passerella Intorno al 1950 la pesca con l’untri viene abbandonata. Nasce una nuova imbarcazione: la passerella. Lunga dagli otto a dieci metri, prende il nome dal prolungamento metallico che dalla prua si spinge parecchi metri in avanti permettendo al lanciatore una maggiore possibilità di movimento. Il tradizionale albero di tre metri è, invece, stato sostituito da un’antenna metallica di circa otto metri. Il lavoro dei segnalatori e delle guide è ormai superato. Dalle coffe la visuale è molto più ampia e giunge anche a una certa profondità, consentendo alla vedetta di seguire il pescespada nei suoi movimenti. L’albero di avvistamento e il trampolino sono di misura diversa e proporzionata alla grandezza della barca. Anche l’arma utilizzata ha subito delle trasformazioni. Dalla lancia di legno si è passati a un’asta di ferro lunga circa quattro metri, più pesante e massiccia. Se il lancio prima avveniva in avanti e in diagonale, richiedendo una forza e una precisione non comuni, oggi avviene perpendicolarmente con maggiore facilità. Gran parte dell’esito dell’inseguimento dipende quasi unicamente dalla prontezza di chi guida la passerella. Questi deve stare attento a rimanere sempre dietro alla preda; infatti, il pescespada, se rimane indifferente al rumore dell’imbarcazione, scapperebbe alla vista della passerella, lasciando a mani vuote i pescatori. Appena colpito dal lanciatore il pesce s’inabissa; se è stato colpito in una parte non vitale può opporre una resistenza di ore. Impossibile è tirarlo su a forza, ancora vivo: la carne è tenera e l’arpione potrebbe scivolare via. A giugno, durante il periodo dell’accoppiamento, per ovviare all’inconveniente della perdita di tempo, spesso le passerelle si rimorchiano dietro un battello con l’esclusivo compito di recuperare la preda mentre la passerella continua la sua corsa alla ricerca del compagno. Appena pescato e portato sull’imbarcazione, il pescespada diventa il soggetto di un antico rituale: “a cardata ra cruci”. Il lanciatore segna, con le unghie della mano, il pesce sulla guancia destra realizzando un segno a forma di rombo. Molti sono gli studi e le ricerche che intendono ricostruire le origini e la storia di questo rito ancora vivo nei pescatori del luogo. Secondo A. Raneri le origini sono da ricercarsi fra i cacciatori di orsi i quali usavano recitare lo stesso rituale sulla testa dell’animale catturato. “A cardata ra cruci” continua ad essere il marchio di tutti i pescespada infiocinati, quale simbolo che inneggia alla prosperità della pesca. La pesca del pescespada continua ad essere un’importante attività economica nel territorio di Bagnara. Negli ultimi tempi stiamo assistendo ad una continua diminuzione del numero di passerelle e aumento delle spadare. Se queste ultime assicurano la crescita del settore della pesca e la continua presenza del pescespada nel commercio ittico del territorio, la lenta scomparsa delle passerelle porta con sé una tradizione che ben esprime quel particolare rapporto tra l’uomo e il mare. La pesca con la lenza La pesca con lenza è praticata dai meno abbienti, dagli spiriti indipendenti e solitari. Due pescatori, su una barca a remi o a motore, utilizzano la lenza esclusivamente tra Palmi e Bagnara, quasi di fronte alla Marinella, dove la profondità delle acque costituisce un luogo privilegiato per il pescespada stanco e in cerca di cibo facile. La lenza, trattenuta da un peso al fondo del mare, cade in verticale in modo che il pescespada possa trovare l’esca a tutte le profondità. Quando il pesce abbocca all’amo risale velocemente dalla profondità del mare, abbandonando, quella che è considerata da lui, la zona più pericolosa. A galla cercherà di liberarsi, a volte saltando fuori dall’acqua, più spesso girando intorno alla barca, con una trazione continua e poderosa che non lascia i pescatori impreparati. Mentre uno rema, l’altro fila o recupera la lenza, sino a quando il pescespada esausto è portato in barca. Importante sono anche la pesca con la spadara e con la passerella. Con il termine spadara si indica sia la barca che la rete, anche definite palamatare perché nate per la pesca della “palamita”, parente prossimo del tonno che si pesca in altra stagione. La Pesca con la rete La barca a motore, più grande e fornita, ha un equipaggio di almeno cinque persone. La rete di nylon, molto costosa anche se semplice, va dai 700 ai 1000 metri. Nelle notti buie o semibuie la rete viene calata perpendicolarmente o parallelamente alla costa in uno specchio di mare al riparo dalle forti e particolari correnti dello Stretto. Dal Viale Turati è possibile ammirare il mare punteggiato da cento piccole luci rosse vaganti; sono le lanterne delle spadare che, simili a fuochi fatui, segnano la loro presenza, mentre sull’imbarcazione i pescatori sono intenti all’attività lavorativa. Il pescespada, che passa in superficie o a mezz’acqua, trovando uno sbarramento cedevole, fa forza contro di esso e dibattendosi cade nella rete. Talvolta, la corrente lo aiuta a liberarsi; più spesso i suoi movimenti tumultuosi e la lunga spada non fanno che avvilupparlo nella rete, determinandone la morte. Con le sue numerose imbarcazioni, la pesca con le spadare è a Bagnara Calabra la tecnica più diffusa per la pesca del pescespada. Essa dà sostentamento diretto a più di cento famiglie, dando un importante contributo alla debole economia del territorio. Quando però la rete utilizzata supera i limiti consentiti da utile strumento di sopravvivenza e arricchimento a servizio dell’uomo e della società, si trasforma in una trappola per le specie protette, causando danni all’ecosistema marino, alla diversità biologica e alle generazioni future.


La Pesca
Il mare della Calabria rappresenta uno scrigno naturale che custodisce una moltitudine di tesori.
Il merito va alle sue acque, habitat ideale per una ricca varietà di specie. Non a caso delle 600 specie di fauna ittica conosciute nel Mediterraneo, 500 vivono nei nostri fondali.
Grazie alla sua posizione strategica, Bagnara Calabra ha nella pesca, e in particolare in quella del pescespada, una delle sue più antiche e storiche attività produttive. I pescatori di Bagnara sono considerati, da sempre particolarmente abili in questa attività.
La pesca del pescespada ha rappresentato, da sempre, il centro intorno cui girava tutta l’economia bagnarese. La pesca era in passato esercitata da un gran numero di persone. Basti pensare che quasi 1/3 della popolazione bagnarese viveva grazie alla pesca e alla vendita del pescato nei paesi limitrofi.
Tramandata da padre in figlio era, non solo l’arte del cacciare ma soprattutto, la dedizione e la passione per questo lavoro.
Nel corso dei secoli moltissime sono state le trasformazioni dei mezzi di lavoro. Si è passato dagli untri alle passerelle per arrivare alle moderne palamatare, anche chiamate spadare. Evolvendosi negli anni le passerelle hanno innalzato verso il cielo l’“antenna”, punto d’avvistamento del pesce, e allungato verso il mare “il trampolino”, punto ove il pescatore con fiocine e arpione in mano colpisce la preda. Le passerelle hanno lasciato il posto alle più innovative “spadare”, vere e proprie imbarcazioni nate per la pesca del pescespada. Negli ultimi anni altri tipi di pesca si stanno sviluppando, con crescente successo. Di fatti, nel corso di tutto l’anno, è possibile trovare del pesce fresco come merluzzi, gamberi, “surici”, “pettini”, “tracine”, “spatole”, “mutolo”, considerato quest’ultimo il tonno dei poveri, e poi la neonata o “nannata”, le sarde, le alici, i “caponi” e una gran varietà di pesce azzurro.
Negli ultimi anni, l’assessorato per le attività produttive, si è impegnato a favore della riscoperta dei pesci considerati “minori”. Nell’estate 2004 si è dato avvio alla I edizione della “Sagra del pesce dimenticato”, riscotendo grande interesse e partecipazione.

La Pesca del Pescespada
La pesca del pescespada, praticata sin dal tempo dei Fenici, è una delle più proficue attività intorno a cui ruota l’economia di Bagnara.
Grazie all’innovazione e alla tecnologia, è oggi praticata con metodi moderni che mantengono inalterata la tradizione. Questa pesca, caratteristica dello Stretto di Messina, oggetto di curiosità e interesse nazionale, rischia oggi di scomparire se non sufficientemente supportata da istituzioni e enti nazionali e locali.
Ogni inizio di stagione i legali, rappresentanti delle barche atte alla pesca, si riunivano presso i locali della capitaneria di porto ed effettuavano il sorteggio delle poste, “vende”.
Esse erano 18 nel senso nord-sud: Posticea, Surrantino, Perialapa, Santuleo, Grutta, Mustalà, Cefarea, Santi, Gramà, Bilusci, Capo, Marturano, Serena, Jumara, Canali, Aria, Schittari, Rustico. Ciò avveniva il 10 di aprile. Nei tempi antichissimi il sorteggio si effettuava nell’Abbazia S. Maria dei XII Apostoli.
Ecco come Ruggero Jannuzzi parla della pesca del pescespada scrivendo nella rivista “La Regione Calabria” del 1992.
La pesca del pescespada, praticata lungo lo Stretto di Messina, ha inizio tra aprile e giugno.
In questo periodo il pescespada, in cerca di un compagno per l’accoppiamento, abbandona le profondità del mare aperto per avvicinarsi alle acque tiepide e più tranquille dello Stretto. Se questa pesca riporta alla mente degli appassionati la rincorsa della passerella dietro il pescespada, necessario è ricordare che i metodi di pesca sono tre: con lenza, con   la rete con l’arpione.

La Pesca con l'arpione
La Pesca con l'arpione Ricca di fascino e tradizione è, infine, la pesca effettuata con l’arpione. L’attrezzo ci riporta all’antico “untri” mitica imbarcazione. E’ questa una leggera e sfilata imbarcazione sia di prua che di poppa. A differenza delle altre imbarcazioni presenta una poppa più ampia nella parte superiore per ospitare il lanciatore nel momento top della pesca. Dipinta di nero all’esterno, per evitare il riflettere dell’ombra nel mare, era tutta verde all’interno. L’equipaggio era composto da quattro vogatori, un faleroto e un lanciatore. Tra i vogatori, i due più giovani, disposti nella parte anteriore, fungevano da motore mentre gli altri due da timone, cambiando la direzione della barca. Dall’albero a croce, che s’innalza dal centro per circa tre metri, una vedetta andava, con l’occhio attento, alla ricerca del pescespada, mentre dalle alte rocce che sovrastano il mare, guide e segnalatori restavano appostati nei punti strategici. L’avvistamento del pesce trasformava improvvisamente questa pesca fatta di pazienza e di attesa in un dinamismo generale. La vedetta, cercando di non perdere di vista il pesce, incitava i rematori ad accelerare il movimento delle braccia al grido di “pe’ fora” o “pe’ ‘nterra”, a secondo della via scelta dal pescespada.

La Palamatara e la Runzata
Due curiosità. Particolare curiosità e importanza per le origini della cittadina ha un antico simbolo che, secondo la memoria di alcuni, apparteneva alle antiche spadare, appunto le palamatare. Queste imbarcazioni avevano sulla prua un’asta di legno alta circa un metro e mezzo con base rettangolare 10x3. In cima all’asta vi era sistemata una palla in legno di colore azzurro sulla quale dipinta era la costellazione dell’Orsa Maggiore. I riferimenti a questo simbolo sarebbero da ricercarsi, secondo Antonino Raneri, dentro la cultura fenicia. L’Orsa Maggiore, importante guida nella navigazione dei Fenici, sarebbe diventato il simbolo della palamatara nella tradizionale pesca notturna, per la quale il cielo e le stelle continuavano ad essere importanti maestre di guida.
Legato alla palamatara è anche il rituale della “runzata”, rievocato da Luigi Oriana, ex presidente della Pro Loco di Bagnara. Alcuni bambini venivano ospitati a poppa vicino alle reti mentre gli uomini facevano scivolare in mare la barca. Appena l’imbarcazione raggiungeva il mare, i bambini innaffiavano le reti con la loro pipì. Scopo della “runzata” era augurare una buona pesca a chi si recava in mare durante la notte.

Una nuova imbarcazione: la Passerella
Intorno al 1950 la pesca con l’untri viene abbandonata. Nasce una nuova imbarcazione: la passerella.
Lunga dagli otto a dieci metri, prende il nome dal prolungamento metallico che dalla prua si spinge parecchi metri in avanti permettendo al lanciatore una maggiore possibilità di movimento. Il tradizionale albero di tre metri è, invece, stato sostituito da un’antenna metallica di circa otto metri. Il lavoro dei segnalatori e delle guide è ormai superato. Dalle coffe la visuale è molto più ampia e giunge anche a una certa profondità, consentendo alla vedetta di seguire il pescespada nei suoi movimenti. L’albero di avvistamento e il trampolino sono di misura diversa e proporzionata alla grandezza della barca.
Anche l’arma utilizzata ha subito delle trasformazioni. Dalla lancia di legno si è passati a un’asta di ferro lunga circa quattro metri, più pesante e massiccia. Se il lancio prima avveniva in avanti e in diagonale, richiedendo una forza e una precisione non comuni, oggi avviene perpendicolarmente con maggiore facilità.
Gran parte dell’esito dell’inseguimento dipende quasi unicamente dalla prontezza di chi guida la passerella. Questi deve stare attento a rimanere sempre dietro alla preda; infatti, il pescespada, se rimane indifferente al rumore dell’imbarcazione, scapperebbe alla vista della passerella, lasciando a mani vuote i pescatori. Appena colpito dal lanciatore il pesce s’inabissa; se è stato colpito in una parte non vitale può opporre una resistenza di ore. Impossibile è tirarlo su a forza, ancora vivo: la carne è tenera e l’arpione potrebbe scivolare via. A giugno, durante il periodo dell’accoppiamento, per ovviare all’inconveniente della perdita di tempo, spesso le passerelle si rimorchiano dietro un battello con l’esclusivo compito di recuperare la preda mentre la passerella continua la sua corsa alla ricerca del compagno.
Appena pescato e portato sull’imbarcazione, il pescespada diventa il soggetto di un antico rituale: “a cardata ra cruci”. Il lanciatore segna, con le unghie della mano, il pesce sulla guancia destra realizzando un segno a forma di rombo.
Molti sono gli studi e le ricerche che intendono ricostruire le origini e la storia di questo rito ancora vivo nei pescatori del luogo. Secondo A. Raneri le origini sono da ricercarsi fra i cacciatori di orsi i quali usavano recitare lo stesso rituale sulla testa dell’animale catturato.
“A cardata ra cruci” continua ad essere il marchio di tutti i pescespada infiocinati, quale simbolo che inneggia alla prosperità della pesca.
La pesca del pescespada continua ad essere un’importante attività economica nel territorio di Bagnara. Negli ultimi tempi stiamo assistendo ad una continua diminuzione del numero di passerelle e aumento delle spadare.
Se queste ultime assicurano la crescita del settore della pesca e la continua presenza del pescespada nel commercio ittico del territorio, la lenta scomparsa delle passerelle porta con sé una tradizione che ben esprime quel particolare rapporto tra l’uomo e il mare.


La pesca con la lenza
La pesca con lenza è praticata dai meno abbienti, dagli spiriti indipendenti e solitari. Due pescatori, su una barca a remi o a motore, utilizzano la lenza esclusivamente tra Palmi e Bagnara, quasi di fronte alla Marinella, dove la profondità delle acque costituisce un luogo privilegiato per il pescespada stanco e in cerca di cibo facile. La lenza, trattenuta da un peso al fondo del mare, cade in verticale in modo che il pescespada possa trovare l’esca a tutte le profondità. Quando il pesce abbocca all’amo risale velocemente dalla profondità del mare, abbandonando, quella che è considerata da lui, la zona più pericolosa. A galla cercherà di liberarsi, a volte saltando fuori dall’acqua, più spesso girando intorno alla barca, con una trazione continua e poderosa che non lascia i pescatori impreparati. Mentre uno rema, l’altro fila o recupera la lenza, sino a quando il pescespada esausto è portato in barca. Importante sono anche la pesca con la spadara e con la passerella. Con il termine spadara si indica sia la barca che la rete, anche definite palamatare perché nate per la pesca della “palamita”, parente prossimo del tonno che si pesca in altra stagione.

 La Pesca con la rete
La barca a motore, più grande e fornita, ha un equipaggio di almeno cinque persone. La rete di nylon, molto costosa anche se semplice, va dai 700 ai 1000 metri.
Nelle notti buie o semibuie la rete viene calata perpendicolarmente o parallelamente alla costa in uno specchio di mare al riparo dalle forti e particolari correnti dello Stretto. Dal Viale Turati è possibile ammirare il mare punteggiato da cento piccole luci rosse vaganti; sono le lanterne delle spadare che, simili a fuochi fatui, segnano la loro presenza, mentre sull’imbarcazione i pescatori sono intenti all’attività lavorativa.
Il pescespada, che passa in superficie o a mezz’acqua, trovando uno sbarramento cedevole, fa forza contro di esso e dibattendosi cade nella rete. Talvolta, la corrente lo aiuta a liberarsi; più spesso i suoi movimenti tumultuosi e la lunga spada non fanno che avvilupparlo nella rete, determinandone la morte.
Con le sue numerose imbarcazioni, la pesca con le spadare è a Bagnara Calabra la tecnica più diffusa per la pesca del pescespada. Essa dà sostentamento diretto a più di cento famiglie, dando un importante contributo alla debole economia del territorio. Quando però la rete utilizzata supera i limiti consentiti da utile strumento di sopravvivenza e arricchimento a servizio dell’uomo e della società, si trasforma in una trappola per le specie protette, causando danni all’ecosistema marino, alla diversità biologica e alle generazioni future.

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